1928-1933 - Complesso Buon Pastore

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1928-1933

Storia
ante 1928

Prima del 1928 esistono a Roma tre Case della Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore ma nessuna, ad eccezione di un piccolo terreno vicino alla Lauretana, è in proprietà della Congregazione. Sono:
− la casa di santa Croce in via della Lungara, fondata da Eufrasia Pelletier nel 1818;
− la casa detta della Lauretana,  situata tra il Colosseo e la Basilica di S. Giovanni in Laterano  inaugurata nel 1840;
− la casa della comunità di suore che dal 1895 ebbero il ruolo, affidatogli Governo italiano, di supervisione e assistenza delle detenute del Carcere Giudiziario di Roma (Regina Coeli).

1928

Madre Maria Domitilla La Rose è portavoce presso il pontefice Pio XI della richiesta relativa all'acquisizione di una proprietà a Roma, Pio XI approva il  progetto. Il 9 giugno 1928, il Capitolo Generale elegge Madre Maria Giovanni della Croce Balzer, Superiora Generale, viene convocata un'Assemblea generale di tutte le capitolari in cui si discute del progetto, ogni Provincia dà la sua disponibilità economica a cooperare all'acquisto del terreno ed alla costruzione di un  nuovo edificio.
Dopo aver considerato vari terreni, le religiose, guidate dalla  Madre generale Balzer, scelgono  una proprietà di 25 ettari, "consistente in una tenuta ben messa con scuderia e fattoria", che viene acquistata per la somma totale di L 1.925.000. Poiché gli Ordini Religiosi, in quell'epoca, non godevano in Italia del riconoscimento legale (concessa solo dopo il concordato con il Vaticano nel 1929) fu deciso che alcuni membri della Congregazione formassero una corporazione "Monasterium Good Shepherd", secondo le leggi vigenti nello Stato di New Jersey, U.S.A., per acquistare la proprietà.
La superiora provinciale, Madre Francesca di Sales, ricerca  un architetto a cui affidare i lavori di progettazione della nuova costruzione. In un primo momento viene contattato De Poletti, che presenta un progetto per un costo complessivo di L 14.000.000, che sembrò troppo.
"Sfortunatamente, tramite l'intervento di una certa Signora Diana De Bartolomeis, detenuta per qualche tempo nel carcere giudiziario, venne introdotto un certo architetto Armando Brasini. Si diceva che appar-tenesse all'Accademia degli Artisti d'Italia e godesse la fiducia del Governo".
Accantonato il progetto del De Poletti, venne preferito Brasini.

1929

25 settembre 1929 -  1° contratto  Madre Francesca Beccari e l'architetto Armando Brasini stipulano il contratto di incarico per la progettazione del Complesso.
Il progetto, in cui si prevedeva un costo  totale di L 20.000.000  inclusa la chiesa parzialmente fornita,  una volta redatto fu portato ad Angers e firmato dalla Madre Generale con la rassicurazione da parte di madre Francesca che la Congregazione avrebbe avuto venti anni di tempo per pagare le spese della costruzione con l'interesse del 5%.
15 dicembre 1929 - cerimonia prima pietra, viene benedetta la prima pietra dal Cardinale Pompili, Vicario di Pio XI per la città di Roma. La realizzazione venne affidata alla ditta Barosi di Milano;  Brasini, direttore dei lavori, gestì direttamente l'appalto percependo tutti i pagamenti anche quelli destinati alle maestranze.

1930

25 gennaio 1930 data del Verbale della Commissione Igienico Sanitaria di approvazione del progetto di "Costruzione di un fabbricato da adibire a Comunità Religiosa con annessa chiesa" tra via Silvestri e via Casetta Mattei. Madre Francesca è costretta a chiedere somme aggiuntive alla Madre Generale, per imprevisti aumenti di costo e per la cattiva gestione dell'appalto da parte di Brasini che tarda nel pagare l'impresa.

2 dicembre 1930 la Madre Generale Madre Maria Giovanni della Croce Balzer si sposta da Angers a Roma, in una relazione del Consiglio Generale tenutosi in questa occasione, si cita l'annullamento del primo contratto, il cambiamento della pianta. Si rende necessario richiedere un prestito di L 5.000.000. La madre Francesca di Sales viene allontanata e sostituita dalla madre M. Ignazio Cavandoli.
29 dicembre - 2° contratto per un importo complessivo di L 23.000.000. Nonostante le difficoltà i lavori vengono incoraggiati dal Cardinale protettore Gaetano Bisleti e da Papa Pio XI (di cui vengono riportate le seguenti parole di conforto "Pene no, personalmente non abbiamo avuto nulla, ma ci rincresceva per voi: siete state ingannate e derubate").
Viene  nominato come supervisore dei lavori per conto della Congregazione l'Ingegnere Guglielmo Palombi assistito dal sig. Enrico de Nicolò.
1931

Continuazione dei lavori e nuovi contrasti tra la Congregazione e Brasini. Per Palombi l'edificio misura 190.000 mc , per Brasini molto di più; Palombi viene accusato da Brasini di voler pagare direttamente la ditta Barosi, mentre l'architetto non effettua pagamenti ai contrattori come stabilito.
7 marzo 1931  il Cav. Romolo Polletti viene incaricato di trattare gli affari della Congregazione con Brasini.
1932

4 febbraio 1932 - 3° contratto, la Madre Generale firma un nuovo contratto per un importo complessivo di L 23.000.000 e l'impegno a non aumentare volumi e costi.
novembre 1932 la Congregazione richiede la consegna di metà del fabbricato entro il mese di aprile del 1933.
1933

marzo-aprile 1933 parte del complesso è abitabile mala chiesa non è completata. Suor Teresina il 10 Marzo 1933, appena quindicenne, dorme  nell’edificio in costruzione insieme ad altre quattro suore per allestire i locali dell’edificio (ancora in costruzione) per la celebrazione, il 24 aprile 1933, della festa della fondatrice dell’ordine S.M. Eufrasia Pelletier. Si prepara la sede per ospitare circa 200 suore provenienti da tutte le parti del mondo.
30 aprile 1933 beatificazione di Eufrasia Pelletier durante l'Anno Santo straordinario della Redenzione. Discorso di Pio XI.
13 maggio 1933 nel corso del Capitolo Generale che si svolge a Bravetta, viene riconfermata a seguito delle elezioni presiedute dal Cardinale Bisleti (protettore della Congregazione) Madre Generale Maria Giovanni della Croce Balzer, le religiose decidono anche, come incoraggiato da Pio XI, il trasferimento della Casa madre. Promulgazione Decreto della Sacra Congregazione dei Religiosi, relativo al trasferimento, deciso dal capitolo Generale del 1933, del Generalato dalla Casa Madre di Angers  a Roma.
A Bravetta si insedia una piccola comunità internazionale di circa sei suore  sotto la guida della madre Angelica Handley. Iniziano a essere svolte alcune attività anche aperte al territorio: messe, corsi pomeridiani di catechesi, lezioni di cucito, un asilo nido per le madri che lavoravano in campagna.
Autunno 1933 nuove controversie tra Palombi e Brasini, l'edificio è quasi finito, sono stati versati L 22.000.000, uno rimane da versare dopo il collaudo. A dicembre i lavori vengono sospesi perchè la Ditta Barosi non riceve i dovuti compensi da Brasini. La Congregazione chiede aiuto ad un avvocato di fiducia il Dott. Luigi Finiti.
503 commenti


2025-05-11 17:11:21
Yeezy Foam Runner: Bridging Art, Ecology, and the Future of Footwear

The Yeezy Foam Runner isn’t just a shoe—it’s a cultural experiment. Since its debut, this unorthodox creation has polarized opinions, shattered design conventions, and redefined what it means to wear “sneakers” in the 21st century. But beyond its viral appeal lies a deeper narrative about creativity, environmental responsibility, and the power of daring to be different. Here’s why the Foam Runner continues to captivate and challenge the fashion world.

A Sculpture for Your Feet: The Artistry Behind the Design
Kanye West’s Yeezy line has always blurred the lines between fashion and art, and the Foam Runner is perhaps its most audacious canvas. Drawing inspiration from biomorphic design—think flowing natural shapes and eroded landscapes—the shoe’s silhouette defies traditional sneaker anatomy. Its absence of laces, seams, or logos turns the focus entirely on form, transforming footwear into a wearable art piece.

The perforated patterns, often compared to Swiss cheese or coral reefs, aren’t merely decorative. They serve a functional purpose, enhancing breathability while creating a visually striking texture. This fusion of utility and artistry reflects Yeezy’s philosophy: fashion should provoke thought, not just follow trends.

Eco-Engineering: How Algae Became the Star
Sustainability isn’t an afterthought for the Foam Runner—it’s the foundation. The shoe’s primary material, algae-based foam, is a game-changer. Here’s why:

Fighting Pollution: The algae is harvested from harmful blooms in lakes and rivers, which deplete oxygen and endanger aquatic life. By repurposing this biomass, Yeezy turns an ecological threat into a resource.

Reducing Carbon Footprint: Traditional EVA foam relies on petroleum, but the algae blend cuts fossil fuel dependency. The production process also generates fewer emissions.

Closed-Loop Ambitions: Yeezy has hinted at future initiatives to recycle worn Foam Runners into new products, pushing toward a circular economy.

For eco-conscious buyers, this isn’t just a shoe—it’s a statement of accountability in an industry often criticized for waste.

The “Ugly Chic” Phenomenon: Why We Love to Hate It (Then Love It)
The Foam Rider’s initial reception was a masterclass in cultural dissonance. Dubbed “ugly” and “alien” by critics, its design seemed destined to flop. Yet, like many of Yeezy’s creations, it thrived on contradiction. The shoe’s divisiveness became its strength, sparking debates and memes that fueled its popularity.

This mirrors a broader shift in fashion, where “ugly chic” items—think Crocs or Dad sneakers—transcend traditional beauty standards by prioritizing individuality and comfort. The Foam Runner’s success lies in its refusal to conform, inviting wearers to embrace the unconventional.

From Runway to Sidewalk: Versatility Redefined
Despite its avant-garde looks, the Foam Runner has proven astonishingly adaptable. Stylists and influencers have paired it with everything from haute couture gowns to gym wear, proving its chameleon-like appeal. Key styling hacks include:

Techwear Fusion: Combine with waterproof cargo pants and a modular vest for a cyberpunk-inspired look.

Minimalist Zen: Offset the shoe’s bold shape with linen fabrics and earthy tones for a relaxed, modern vibe.

Streetwear Statement: Layer with oversized hoodies and distressed denim to amplify its urban edge.

Its gender-neutral design further broadens its reach, aligning with today’s move toward inclusive fashion.

The Hype Machine: Scarcity, Community, and Digital Culture
Yeezy’s drop strategy plays a pivotal role in the Foam Runner’s allure. Limited releases and exclusive colorways (like the gradient “MX” series) create frenzy, while social media platforms like TikTok and Instagram amplify its visibility. Fan communities dissect every detail, from material updates to celebrity sightings, turning the shoe into a cultural artifact.

Notably, the Foam Runner thrives in the resale market, with rare variants selling for triple their retail price. This isn’t just about profit—it’s about status. Owning a Foam Runner signals membership in a tribe that values innovation and exclusivity.

Criticisms and Controversies: Is It All Hype?
No groundbreaking design escapes scrutiny. Detractors argue that the Foam Runner’s comfort doesn’t justify its price for some, and its durability has been questioned by long-term users. Others accuse Yeezy of greenwashing, pointing out that mass-producing algae foam still has environmental costs.

Yet, these debates are part of its legacy. By provoking conversation, the Foam Runner forces the industry to confront bigger questions: What should modern footwear prioritize? Who gets to define “beauty” in fashion?

The Road Ahead: What’s Next for the Foam Runner?
Yeezy’s team has teased evolutionary steps, including new color blends, collaborations with artists, and even tech integrations like embedded sensors for foot health tracking. As climate concerns grow, expect further material innovations—perhaps mushroom-based foams or 3D-printed designs made from ocean plastic.

One thing is clear: The Foam Runner has set a precedent. It’s no longer enough for shoes to look good or feel comfortable—they must tell a story, challenge norms, and contribute to a sustainable future.

Final Take: The Yeezy Foam Runner isn’t merely footwear; it’s a cultural litmus test. Love it or loathe it, its impact on design, sustainability, and consumer behavior is undeniable. For those willing to step outside the box, it offers a glimpse into fashion’s daring future—one where creativity and responsibility walk hand in hand.

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BIa Don
2025-05-11 23:07:48
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